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Aug 08, 2023

Rivelata la testimonianza segreta di Herbert Samuel del 1937 sul famigerato mufti di Gerusalemme

Menzionate Herbert Samuel agli israeliani di oggi e probabilmente suoneranno due campanelli d'allarme. Uno è il lungomare Herbert Samuel, il lungomare di Tel Aviv. L'altra è una catena di hotel di lusso che porta lo stesso nome, compresi gli alloggi boutique The Herbert lungo la stessa corniche.

Ma Herbert Samuel – o meglio, il visconte Samuel di Mount Carmel e Toxteth – fu una figura fondamentale nella storia del sionismo: il primo ebreo nel gabinetto britannico, il funzionario che per primo propose l’idea di uno stato ebraico al governo britannico, e il primo alto commissario per la Palestina governata dagli inglesi. E fu lui che, poco più di un secolo fa, scelse un venticinquenne effendi di Gerusalemme come l’arabo più potente in Palestina, con conseguenze più profonde di quanto chiunque all’epoca potesse concepire. Quell'uomo era Amin al-Husseini.

Un decennio e mezzo dopo quella decisione, alla fine del 1936, Londra nominò una Commissione Reale Palestinese per indagare sulla rivolta araba scoppiata quella primavera e che – credevano i leader sionisti e molti funzionari britannici – era stata alimentata soprattutto dallo stesso Husseini. Presieduta da Lord William Peel, la giuria ha ascoltato 60 testimoni in sessioni pubbliche. Ma quasi lo stesso numero ha testimoniato in briefing così segreti che persino la lista dei testimoni è stata nascosta.

Le trascrizioni delle sessioni avrebbero potuto essere perse o distrutte se il lungimirante segretario della commissione non ne avesse riconosciuto il significato, scarabocchiando che alcune copie avrebbero dovuto essere conservate, poiché raccontavano “un capitolo importante nella storia della Palestina e del popolo ebraico, e sarà, senza dubbio, di notevole valore per gli storici del remoto futuro”.

Esattamente ottant’anni dopo quel remoto futuro, nel 2017, la Gran Bretagna ha tranquillamente rilasciato le sessioni segrete agli Archivi nazionali. Lì Samuel spiega perché ha scelto Husseini come Gran Mufti di Gerusalemme e capo del Consiglio Supremo Musulmano, come lui e il governo britannico immaginavano il futuro della Palestina, le sue impressioni sugli ebrei e gli arabi della Terra Santa e molto altro.

Samuel ha condotto una vita lunga e compiuta. Nato poco dopo la guerra civile americana, visse quasi abbastanza per vedere lo sbarco sulla Luna. Ha prestato servizio nel governo britannico sette volte e alla fine è arrivato a capo del suo partito liberale. Eppure la sua testimonianza davanti alla commissione fu forse l'unico caso noto in cui gli fu mai chiesto di difendere la sua elevazione nei confronti di Husseini, che secondo le parole del figlio di Samuel, “si rivelò essere un implacabile nemico non solo del sionismo ma anche del Gran Bretagna”, culminando nella sua famigerata alleanza con la Germania di Hitler nella seconda guerra mondiale.

Samuel nacque nel 1870 nel quartiere Toxteth di Liverpool da una ricca famiglia di banchieri. Cresciuto in una tradizionale casa ebraica - il suo bisnonno era emigrato dall'Europa centrale - sua madre lo incoraggiò a frequentare Oxford e gli mandò diligentemente carne kosher in treno. Eppure, alla fine dei suoi giorni universitari, il giovane Samuel aveva quasi abbandonato la religione. La sua vocazione, invece, era la politica.

Entrò per la prima volta in parlamento nel 1902 con il Partito Liberale, allora la principale opposizione ai conservatori (prima dell'ascesa dei laburisti), e dominato dai futuri primi ministri HH Asquith e David Lloyd George. La sua ascesa a Westminster fu rapida, raggiungendo una serie di incarichi nel gabinetto, tra cui quello di direttore delle poste.

Tra i colleghi si guadagnò una reputazione di competenza ma anche di una certa freddezza. “Aveva un viso piuttosto legnoso”, ricorda uno, “con un’espressione indagatrice, quasi furtiva”. (Una rara registrazione cinematografica sopravvissuta di Samuel conferma questa impressione.)

E sebbene avesse sospeso gran parte della sua pratica religiosa – osservava il sabato e le leggi dietetiche kosher per compiacere sua moglie e “per ragioni igieniche” – non tagliò mai i legami con la comunità ebraica. Allo scoppio della Grande Guerra rimase incantato dalla prospettiva che il Regno Unito conquistasse il controllo della Terra Santa.

Nel gennaio 1915, poco dopo l’entrata in guerra degli Ottomani, fece circolare una nota al Gabinetto: “Il futuro della Palestina”. In esso, esprimeva poesia sul “sogno di uno Stato ebraico, prospero, progressista e sede di una civiltà brillante”. La Palestina “darebbe lustro anche alla Corona britannica” e le permetterebbe di portare avanti il ​​suo ruolo storico di “civilizzatore dei paesi arretrati”.

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